7 agosto 1931: La prima Giostra dell’età contemporanea.
La prima edizione dell’età contemporanea della Giostra del Saracino fu preparata dall’Opera Nazionale Dopolavoro, nell’ambito dei festeggiamenti del Patrono della città, San Donato. Non si sa con esattezza se fosse il semplice rimpiazzo delle corse dei cavalli che si svolgevano fino dal 1928 a Campo di Marte; così lascia intendere una lettera inviata in quegli anni ad Alfredo Bennati da Pier Ludovico Occhini 149, insieme ad alcuni articoli di giornale.
Fino al 12 luglio 1931, giorno in cui comparve sulla stampa il primo annuncio pubblico dell’imminente rievocazione, si pensava di disputare la Giostra nella Fortezza Medicea, ma Occhini aveva parlato chiaro: doveva essere Piazza Grande la cornice “naturale” del Saracino, senza ombra di dubbio. Neanche a dirlo, nei giorni seguenti fu organizzata un’importante riunione, che si svolse nella sede della Federazione provinciale dei Fasci di Combattimento, alla presenza delle “Contrade della città” e del “Segretario Federale Cappelli”; egli fece parlare di se per un proposta che “non poteva essere più felice”, come scrive il giornalista de “La Nazione”, “giacché la manifestazione si [sarebbe svolta] in quella magnifica Piazza Vasari che per le cure continue ed assidue del Podestà P. L. Occhini [aveva assunto] l’aspetto di incomparabile bellezza”.
Dopo una “discussione animatissima” si arrivò alla scelta della collocazione definitiva: il 7 agosto 1931 la Giostra del Saracino si sarebbe corsa in Piazza Grande, luogo in cui non si erano più svolti esercizi cavallereschi dopo il duecentesco torneo organizzato per il neo cavaliere Ildebrando Giratasca.
Come già ricordato nel primo capitolo, quest’edizione venne organizzata “in venti giorni o poco più”, durante i quali fu messa in moto la macchina degli artisti e degli intellettuali: il falegname Raffaello Siri e il “maestro del ferro battuto” Albiani ricevettero la commissione del primo buratto153, Luigi Sapelli detto “Caramba”, grande scenografo e costumista italiano, fu incaricato di preparare i costumi, pronti solo nel 1934: per la prima Giostra vennero noleggiati quelli della Sartoria Teatrale Cerratelli di Firenze, che li preparò sulla base di stampe d’epoca. L’organizzazione fu curata dalle più alte cariche dell’OND, quali Antonio Cappelli, Umberto Biondi, Fortunato Polvani e dagli altri maggiorenti: Alberto Severi, Cesare Verani e Luigi Serboli. La Giostra fu corsa dai Rioni di Porta Burgi (colori verde, rosso e oro), di Porta Fori (cremisi e oro), di Porta Crocifera (bianco e verde), di Porta Santo Spirito (azzurro e oro) e dal Rione di Saione (verde, bianco e rosso), gli stessi costituiti nel 1930 dall’ETA in vista della realizzazione dei costumi dei valletti comunali.
Precisiamo che l’esatta delimitazione territoriale dei cinque rioni non è mai stata particolarmente chiara, soprattutto quella di Porta Burgi: quel poco che sappiamo viene da un anonimo articolo de “La Nazione” del 27 agosto 1958, il quale afferma che “Porta Burgi delimitava la zona che da Piazza Vasari va fino a S. Domenico e a S. Francesco, nella parte alta, e quella che da piazza S. Michele si estende in via Agania, via Pescaia e parte di via Mazzini. Per gli altri rioni, invece, i confini naturali erano pressoché disposti come quelli attuali, se pur di ridotte dimensione. Chi aveva una parte più limitata era S. Spirito che si divideva la zona con Saione” La Nazione del 30 luglio 1931, inoltre, aggiunge che il Rione di Porta Burgi “comprende anche piazza Vasari, dove si svolgerà la Giostra” e che il Rione di Saione “comprende pure il nuovo abitato di via dei Filosofi”, quelle che oggi conosciamo come via Leon Battista Alberti e via Piave. Anche Enzo Piccoletti scrisse qualche riga a riguardo, ma la sua descrizione non è molto chiara: “[Porta Burgi] era situata nell’angolo, tra Porta Crucifera e Porta Sant’Andrea, le mura dei Tarlati, finivano alle logge del grano per salire verso via Cesalpino, la Porta Burgi si doveva collocare sui pressi di San Michele mentre Porta S. Andrea confinava tra San Michele, via Mazzini e Sana Croce”.
I cinque rioni misero in campo una rappresentanza di tredici figuranti ciascuno: un capitano, un vessillifero, un tamburino, otto fanti e due giostratori: queste formazioni nel pomeriggio del 7 agosto si vestirono presso i locali delle Logge del Grano e alle ore 15 si diressero alle Chiese dei loro rioni per la benedizione dei cavalli e dei vessilli, anche se non sappiamo con certezza quali fossero con esattezza: dagli archivi fotografici perviene solamente l’immagine dei figuranti di Porta Crocifera, presso la chiesa di Santa Croce.
Formulando delle ipotesi è possibile che Porta Burgi si fosse recato alla Pieve, Porta Fori nella chiesa di San Domenico, Porta Santo Spirito nella chiesa di San Jacopo (ora distrutta) e il Rione Saione nella chiesa di San’Antonio Abate. Certo è che tutti si ritrovarono in Duomo per la benedizione generale del parroco Pietro Severi, insieme a tutte le autorità della Giostra.
Da qui si formò il Corteo Storico che alle ore 17 si mise in moto percorrendo il seguente itinerario: via Ricasoli, via Sassoverde, via San Domenico, via XX Settembre, via San Lorentino, Canto alla Croce, via Cavour, Piazza Umberto I (San Francesco), via Guido Monaco, via Spinello, Corso Vittorio Emanuele (Corso Italia), Canto de’ Bacci, via Mazzini, via Pescioni, via Colcitrone per poi tornare al Canto de’ Bacci, Corso V. E. via Cesare Battisti (via di Seteria), dove alle 17:30 ebbe inizio la gara.
La Giostra venne corsa agli ordini del Capitano Generale Umberto Biondi, coadiuvato da Cesare Bruschi, seguendo l’antico regolamento del 6 dicembre 1677, “I capitoli della Giostra di Buratto”, stampato integralmente nella Cronaca di Arezzo del 4 agosto 1931", Capo dei Fanti del Comune fu Raffaello Chiericoni, Araldi Elio Gilardetti e Maurizi, mentre la carica di Cancelliere fu ricoperta da Agostino Marcucci.
La “lizza”, ovvero la pista, fu realizzata lungo via Cesare Battisti (oggi via di Seteria), in leggera salita, essendo il Buratto piazzato poco oltre la metà del palazzo Cofani Brizzolari, verso Borgunto.
La vendita dei biglietti, presso l’Ente Turistico aretino, durò tutta la settimana, compreso il giorno della Giostra; le cronache confermano che la disponibilità dei posti fosse ridottissima, tanto che molti stranieri villeggianti in Casentino effettuarono prenotazioni nei giorni seguenti. La tribuna, sicuramente accessibile a pochi, fu eretta sul ripiano del Tribunale, mentre gli altri trovarono posto in piedi, al centro della Piazza; a tutti gli spettatori, tra l’altro, fu fatto l’invito di recarsi per tempo in Piazza Grande “poiché alle ore 17,30 la Giostra deve avere assolutamente inizio, altrimenti, dopo quell’ora non sarebbe possibile all’operatore dell’Istituto L.U.C.E. di ritrarre lo svolgimento dello spettacolo”. Venne organizzato inoltre un controllo ai biglietti di chi occupò le finestre affacciate sulla piazza.
Ogni Quartiere schierò due giostratori che corsero due carriere contro il Saracino; queste non furono certo entusiasmanti poiché l’impresa di colpire il Buratto si dimostrò più difficile del previsto: su venti tiri complessivi non ce ne fu uno che ottenne un punteggio superiore al tre. Da questa lunghissima tornata uscì vincitore il Rione di Porta Burgi, totalizzando nove punti in quattro carriere, due regolari e due di spareggio; una preziosa testimonianza del giostratore giallo cremisi Antonio Martini, ancora viva grazie alla memoria del nipote Giorgio e del figlio Emilio, racconta, però, di una sorta di favoritismo nei confronti dei rosso verdi: “Porta Burgi – spiega Martini – era il quartiere che oggi corrisponderebbe alla zona di Piazza San Francesco e che ospitava la casa del “Federale”; durante lo svolgimento della Giostra ci furono diverse contestazioni e in occasione della seconda carriera di spareggio del Rione Centro mio padre, insieme a Secolo Imparati e ad altri quartieristi, si avvicinarono alla base della Giuria per protestare sull’attribuzione del punteggio. Ebbene, gli si pararono davanti alcune camice nere tra le quali una estrasse il pugnale e con fare minaccioso gli gli apostrofò «Se vi sta bene ha vinto Porta Burgi, ma se non vi dovesse star bene ha vinto sempre Porta Burgi».
Come premio il Rione di ottenne dal Podestà Occhini tre “doni”: una bandiera di raso color amaranto, ornata dal cavallo rampante nero (il premio principale), una targa in bronzo e una medaglia d’oro offerta dal Consiglio provinciale dell’Economia. Al Capitano Generale della Giostra Umberto Biondi, al Capitano del Rione vincitore Giovanni Coppelli e ai giostratori Giovan Battista Casucci e Duilio Gabrielli furono consegnate delle medaglie a ricordo160. I festeggiamenti per la vittoria furono organizzati nella stessa Piazza Vasari, anche se poi vennero rinviati di otto giorni per evitare la coincidenza con la chiusura dell’anno mariano.
Dalle cronache dell’epoca si rileva come già allora gli animi degli spettatori fossero molto caldi: “la folla dei “tifosi” rionali presenti in Piazza Grande , infatti, seguì “con clamori continui e salve di fischi l’appassionante vicenda della gara”162. Ma non è tutto: in un’intervista rilasciata a “La voce di Arezzo” del 21 settembre 1986, Antonio Casucci, giostratore di Santo Spirito, rivelò che la notte della Giostra alcuni ignoti rubarono i cavalli del Rione, obbligando lui e il compagno Alessandro Ghinassi a correre con due nuove cavalcature, assolutamente inadatte alla competizione. Per quanto riguarda il pubblico d’eccezione, alla Festa erano presenti autorità come il prefetto di Pisa, il Questore di Arezzo Francesco Ciancaglini, gruppi di parlamentari, autorità civili e militari. Il Saracino fu anche fonte d’ispirazione: Guido Cherici compose un’opera sulla Giostra introdotta poi nella collana “Novelle Aretine”, stampata in opuscolo da Enrico Zelli e messa in vendita a beneficio dell’OND. Cesare Verani, infine, preparò un opuscoletto con il programma ricordo.
Fu sotto gli occhi di tutti che quella del 7 agosto 1931 era fondamentalmente una “prova”, anche se gli organizzatori non la pensavano così: nonostante ciò quella verrà per sempre considerata la prima Giostra del Saracino dell’età contemporanea, malgrado la scomparsa, l’anno dopo, del Rione Saione e del quartiere
vincitore, Porta Burgi.
Testo estratto dal libro "Arezzo 1931 - La Rinascita del Saracino"
di Saverio Crestini
Quartiere di Porta Crucifera P.I. 92057120518
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FOTOGRAFIE
Alberto Santini e Maurizio Sbragi
collaborazione fotografica di Fotozoom: Giovanni Folli - Claudio Paravani - Lorenzo Sestini - Fabrizio Casalini - Marco Rossi - Acciari Roberto